C’è un aspetto del bilancio familiare di cui tutti parlano poco ma che è estremamente importante all’interno della famiglia. Sono le “mancate spese”.
Per comprendere bene il significato di questo concetto dobbiamo inquadrare la famiglia dal punto di vista dell’economia aziendale e poi tornare indietro nel tempo sino al periodo antecedente la rivoluzione industriale, quando ancora vigeva l’economia di sussistenza e il sistema economico non si basava sullo scambio monetario.
LA FAMIGLIA E’ UN’AZIENDA
Per l’economia aziendale esistono due tipologie di aziende:
- le aziende di produzione (o imprese) che hanno come scopo il profitto;
- le aziende di erogazione, che hanno come scopo la “soddisfazione dei bisogni dei loro componenti”. La famiglia e lo Stato rientrano in questa categoria di aziende. Lo Stato è un’azienda ma non ha come scopo il profitto, bensì il soddisfacimento dei bisogni dei propri cittadini. Idem la famiglia.
In passato la famiglia autoproduceva gran parte dei beni necessari per il benessere dei propri membri attraverso la coltivazione del terreno, l’allevamento del bestiame o la realizzazione degli indumenti. Con la rivoluzione industriale piano piano si è cominciato a produrre sempre meno internamente per rivolgersi al mercato.
L’ECONOMIA MONETARIA E LA MISURAZIONE ECONOMICA
Nel momento in cui la maggior parte dei beni e servizi ha iniziato ad essere acquistato sul mercato è stato introdotto il denaro per facilitare gli scambi.
Se nell’economia di sussistenza i capelli si tagliavano in casa e i vestiti venivano prodotti tramite la tessitura, con la specializzazione del lavoro si è iniziato a comprarli dagli artigiani e dalle imprese pagando un corrispettivo in denaro. Il denaro misurava il valore di quello che fino a poco prima veniva prodotto in autonomia.
Da allora ci siamo abituati così tanto all’uso della moneta che quando manca una entrata o una uscita finanziaria sembra che un fenomeno economico non esista.
L’INVISIBILITA’ DEI RISPARMI
Invece ci sono tante attività che ancora oggi vengono prodotte all’interno delle famiglie e che se venissero acquistate sul mercato avrebbero un costo. Pensiamo ad esempio alla cura dei figli e degli anziani, alle pulizie, ai pasti, allo stiro, al cucito, al lavaggio dell’auto, alla cura del giardino, alle riparazioni domestiche o al trasporto dei figli. Se questi lavori vengono svolti da un membro della famiglia danno luogo a dei risparmi che non sono mai valorizzati all’interno di un bilancio familiare.
Spesso queste attività le fanno le donne e si dà per contato che lo facciano “per amore” ma in realtà sono lavori veri e propri.
Nel bilancio familiare la voce “entrate” l’ha sempre fatta da padrone, nel senso che si è sempre posto l’accento sull’entrata finanziaria, di cassa, quello che arriva sul conto corrente (e che spesso proviene dall’uomo). Si tende a pensare che chi porta un reddito in famiglia sia il perno del bilancio familiare. In questo modo si sottovalutano tutte le attività che contribuiscono a pieno titolo al bilancio e che rimangono nell’ombra perché non hanno un’uscita finanziaria.
Invece il risparmio legato al lavoro domestico ha un impatto molto rilevante. Autoprodurre i cibi o cercare le offerte più economiche di acquisto porta a risparmi di spese che contribuiscono al bilancio familiare tanto quanto le entrate. I servizi che vengono svolti da ogni membro della famiglia andrebbero valutati stimando quanto costerebbero se venissero acquistati sul mercato (ristoranti, colf, baby sitter, idraulici, giardinieri) per determinare il reale contributo che ciascuno apporta all’azienda famiglia.
In futuro ci sarà sempre più la tendenza a esternalizzare e ad acquistare beni e servizi sul mercato. In questo modo emergerà sempre di più il loro valore.
ANCHE I FLUSSI DI CASSA FUTURI VANNO CONSIDERATI
Oltre a non considerare la attività senza una contropartita finanziaria, nel bilancio familiare spesso vengono ignorati anche i mancati flussi di cassa futuri.
Quando un componente della famiglia rinuncia ad un lavoro per far fronte ai lavori di cura o domestici andrebbero fatta un’analisi accurata dell’impatto finanziario in una prospettiva di lungo periodo. Se sul momento può essere più conveniente rinunciare ad un impiego mal retribuito e poco flessibile che non coprirebbe i costi di aiuti esterni, la valutazione cambia se si calcola l’impatto delle mancate entrate future dovute agli stipendi e alle pensioni che non verranno mai percepite.
L’orizzonte temporale di riferimento deve coprire tutto l’arco temporale dell’aspettativa di vita dei membri della famiglia e comprendere i periodi in cui può essere più conveniente svolgere il lavoro di cura internamente, ma anche i periodi in cui la situazione sarà invertita. Troppo spesso invece ci si ferma al breve periodo, o si fanno ragionamenti vaghi senza tentare, dati alla mano, di fare un conteggio prospettico il più preciso possibile.
LA VALORIZZAZIONE DEI BISOGNI PSICOLOGICI
Infine se l’obiettivo della famiglia è la soddisfazione dei bisogni dei propri partecipanti andrebbe analizzata l’attività familiare per capire se questa soddisfazione esiste veramente. Come nelle aziende si misura il grado di soddisfazione dei dipendenti o dei clienti attraverso indicatori non economici la stessa cosa andrebbe fatta all’interno della famiglia.
Se la donna sente sulle proprie spalle tutto il lavoro di cura e l’uomo sente sulle spalle tutto il peso economico della famiglia forse i bisogni emotivi dei componenti non sono così pienamente soddisfatti.
Questo potrebbe tradursi in maggiori costi futuri legati alla salute, ma soprattutto al fallimento di quello che è l’obiettivo finale dell’azienda famiglia, ovvero il benessere dei propri membri.
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