Una frase che ripeto spesso alle mie collaboratrici è “ci vorrebbe un corso di mentalità contabile per tutti”.
Per mentalità contabile intendo l’attitudine alla precisione, l’importanza data all’archiviazione del documento, la ricerca della quadratura, la precisione nell’esecuzione di un lavoro. Ma anche la capacità di rapportarsi al NUMERO, la traduzione della realtà nel numero che sintetizza, schematizza, aiuta a dare un metodo e una priorità.
Purtroppo a volte mi scoraggio nel constatare che il pressapochismo è dilagante in tanti settori e in tante professioni. Spesso noi contabili, cosi precisi e con la voglia di tenere tutto sotto controllo, ci sentiamo dei marziani di fronte alla trasandatezza dilagante.
Documenti importanti gettati via, file cancellati, calcoli sbagliati, sembra che per qualcuno sia la regola dell’operare. E noi contabili rimaniamo stupefatti, ci consoliamo fra di noi perché fra di noi ci capiamo mentre spesso noi non capiamo gli altri o gli altri sembra che non capiscano noi.
E a volte viene il dubbio: “ma è questo lavoro che chi ha resi così oppure siamo noi che non potremmo fare questo lavoro se non fossimo in questo modo?” E’ come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina.
Nel tentativo e nella speranza che la troppa precisione non diventi una gabbia che irrigidisce il modo di pensare e di operare. Perché il passaggio dall’essere precisi all’essere esageratamente puntigliosi o addirittura paranoici a volte è molto, troppo breve.
Contabili sì ma…… cum grano salis
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