Aggiornato il 12 gennaio 2023
Sentiamo continuamente parlare di crescita del PIL come se fosse la soluzione di tutti i problemi.
Eppure è risaputo che il PIL non è un indicatore adeguato del benessere di un paese perché il benessere è dato da una serie di elementi, anche immateriali, e maggiore ricchezza non significa necessariamente maggiore felicità.
Però il PIL, con tutti i suoi limiti, rappresenta ancora il principale parametro di riferimento per il benessere e la ricchezza di un paese perché è un indicatore facilmente calcolabile.
MA CHE COS’E’ IL PIL?
Il PIL, ovvero ““Prodotto Interno Lordo”, è il valore dei beni e servizi prodotti nel corso di un anno all’interno di un paese destinati al consumo, agli investimenti alle esportazioni. E’ una misura della dimensione economica di un paese e viene utilizzata per valutare la crescita economica di una nazione.
Affinché cresca il PIL devono crescere 4 elementi:
consumo, investimenti, spesa pubblica ed esportazioni (al netto delle importazioni).
CONSUMARE DI PIU’ CI FA STARE MEGLIO?
Abbiamo già tanti oggetti, molti di più di quelli che servono per un’esistenza piena. All’inizio del secolo scorso una famiglia di quattro persone aveva meno di 200 oggetti, comprese le stoviglie e i vestiti. Oggi disponiamo di circa 2500-3000 cose, esclusi i libri.
Si stima che il numero di oggetti con cui un individuo viene in contatto nel corso della propria vita si aggiri intorno a 20.000.
Avere troppi cose non le fa apprezzare. E’ scientificamente dimostrato che la presenza di un numero eccessivo di alternative tra le quali scegliere paralizza l’uomo mandando in corto circuito il cervello. Oltretutto il piacere di possedere un oggetto desiderato svanisce nel giro di poco tempo perché l’uomo è programmato per non avere uno stato prolungato di sofferenza o di euforia altrimenti verrebbe messa in discussione la sua sopravvivenza.
Quindi per una persona che vive in un paese benestante la crescita della produzione, con il conseguente aumento del consumo di beni e servizi disponibili, non comporta proporzionalmente un maggiore stato di benessere.
Eppure l’esperienza ci insegna che i bisogni umani sono infiniti e il capitalismo ci spinge a non sentirci mai soddisfatti di quello che abbiamo. Oltre ai beni materiali si possono desiderare tante altre cose: servizi per la persona e per la casa, viaggi, divertimenti, cure mediche. Quindi non esiste di fatto un limite alla crescita legata alla domanda di beni e servizi da parte degli individui.
IL LATO BUONO DELLA CRESCITA
La crescita del PIL è importante perché rappresenta un segnale di prosperità per la popolazione. Indica che l’economia sta andando bene e che ci sono buone prospettive per il futuro, in particolare per l’occupazione.
Per garantire un lavoro a quante più persone possibile c’è bisogno della crescita. Questo perché attraverso il progresso e l’automazione riusciamo a produrre sempre più beni e servizi con sempre meno ore di lavoro. Se smettiamo di crescere gli stessi prodotti potranno essere sfornati con meno ore di lavoro, e questo comporterebbe una perdita dei posti di lavoro con l’aumento del tasso di disoccupazione.
Quindi è per questo che dobbiamo crescere?
A COSA SERVE LA CRESCITA
In realtà il vero motivo per cui gli Stati (come l’Italia) sono costretti ad aumentare il proprio PIL è perché la crescita serve ad incrementare le entrate fiscali dello Stato e coprire le pecche della spesa pubblica fuori controllo.
Praticamente siamo condannati alla crescita del PIL perché diminuire/ottimizzare la spesa pubblica (e il conseguente debito pubblico) senza diminuire i servizi per i cittadini sarebbe troppo complicato e porterebbe all’instabilità sociale.
Il livello di salute di un paese è dato dal rapporto fra debito pubblico e PIL. Il rapporto fra queste due grandezze fa sì che, in mancanza di controllo del debito pubblico sia necessario aumentare la crescita per mantenere l’equilibrio.
Anche a livello europeo il Patto di stabilità e di crescita impone ai paesi membri di tenere ancorato il debito pubblico e la spesa pubblica al valore della crescita.
Quindi siamo condannati ad inseguire costantemente la crescita a causa dell’incapacità di tenere a freno le spese o di aumentare le entrate.
IL LATO OSCURO DELLA CRESCITA
La crescita porta inevitabilmente con sé un aumento dello sfruttamento delle risorse. Se aumenta la produzione aumenta anche l’inquinamento e diminuiscono le risorse a disposizione.
In epoca premoderna, prima della rivoluzione scientifica, si pensava che il mondo fosse una torta con dimensioni fisse e con due soli tipi di risorse: le materie prime e l’energia. Date le risorse fisse la crescita di qualcuno doveva presupporre la decrescita di qualcun altro.
Poi si è capito che esiste un’altra risorsa: la conoscenza. Mentre le materie prime e l’energia sono esauribili, la conoscenza più la utilizzi e più ce ne sarà.
Pertanto per continuare a crescere bisogna inventare nuovi modi di produrre energia e sfruttare le risorse, e questi modi devono essere meno inquinanti e impattanti sul pianeta altrimenti la crescita finirà per distruggerlo.
Il vero problema quindi non è la scarsità di risorse ma il rischio di un collasso ecologico e il modo in cui la ricchezza viene distribuita fra gli abitanti del pianeta.
Forse se riuscissimo a vincere queste due sfide il PIL riuscirebbe veramente a rappresentare la misura del benessere non soltanto economico ma anche generale di una nazione.
Queste riflessioni devono essere portate a conoscenza di tutti e anche nelle scuole superiori….perché la gente comune i laici non siano piu succubi di queste falsità..proposte come fosse oro colato ogni minuto della nostra esistenza…il pil sia come gli pare… gli sprechi pubblici non più…l esercito dei politici succhia vampirescamente soldi e …soprattutto potere sui cittadini (dovrebbe essere il contrario)
Vedo che un post scritto un po’ di tempo fa continua ad essere molto cliccato perché purtroppo è sempre molto attuale. Se risolvessimo il problema degli sprechi, del debito pubblico e della spessa pubblica non dovremmo più stare appesi allo 0,0001 della crescita del PIL.