L’inflazione è sempre stata considerata il male assoluto ma su alcune persone esercita una forte l’attrazione a causa degli alti tassi di interesse sul capitale.
Sembrava un fenomeno relegato agli anni 80 eppure si è tornati a parlare di inflazione in modo insistente per l’aumento dei costi delle materie prime e dei beni energetici. E appare sempre più chiaro che difficilmente sarà un fenomeno temporaneo.
In economia la situazione più desiderabile è la stabilità dei prezzi, o un’inflazione moderata attorno al 2% che dia un impulso alla crescita. Con l’aumento dell’inflazione dovremo ripensare a come utilizzare i 1.500 miliardi di euro che sono fermi sui conti correnti delle famiglie italiane.
Dopo tanti anni di tassi di interessi prossimi allo zero e strategie per andare alla ricerca di investimenti che diano qualche punto di rendimento, non eravamo più abituati alle trappole dell’inflazione. Qualcuno è anche troppo giovane per averlo vissuto e c’è il rischio che prenda delle cantonate.
L’EROSIONE DEL CAPITALE
Quando l’inflazione cresce il capitale perde valore. Se prestiamo soldi a qualcuno, o ad una banca o allo Stato, alla scadenza dovrà pagarci un tasso di interesse più elevato perché quando ce li restituirà con lo stesso denaro potremo comprare meno beni.
Il tasso di interesse sul capitale comprende la remunerazione del rischio che corriamo quando prestiamo i soldi (e il fatto che ce ne priviamo per un periodo di tempo) + il tasso di inflazione atteso. L’aumento di un punto percentuale del tasso di inflazione atteso produce l’aumento di un punto percentuale del tasso di interesse. Questo perché quel punto in più serve a compensare il fatto che il capitale alla scadenza del prestito il denaro varrà di meno.
Negli anni 80, quando l’inflazione galoppava, i titoli di stato pagavano cedole piuttosto cospicue. Quando te le trovavi accreditate nel conto corrente sicuramente te ne accorgevi.
Ricordo ancora che il nonno di un mio amico che con gli occhi lucidi rimpiangeva i tempi in cui “con i tassi di interesse di un anno ci compravi una Panda”.
MA CON QUALI SOLDI COMPRAVAMO UNA PANDA?
In realtà la Panda non la compravi con gli interessi ma con una quota del capitale che si rendeva liquida attraverso la riscossione delle cedole. Se con i soldi che avevi da parte potevi comprare 15 Panda, l’anno successivo ne potevi comprare 14 perché una Panda te la trovavi accreditata sul conto corrente.
A quel punto potevi decidere se rimettere i soldi della Panda nel capitale (investendo in altri titoli di Stato o simili), oppure se andare dal concessionario acquistandola materialmente per metterla nel garage. Nel primo caso avevi avuto la sensazione di aver accumulato qualcosa ma in realtà avevi ripristinato il tuo capitale iniziale, nel secondo caso potevi godere materialmente dei frutti del tuo capitale. Che però era stato intaccato.
“ALLE PERSONE PIACE AVERE IL CAPITALE”
Qualche mese fa sono andata a sottoscrivere l’adesione ad un Fondo Pensione. Al momento del pensionamento bisogna scegliere se trasformare il denaro accumulato in una rendita vitalizia o se ricevere il capitale in un’unica soluzione.
L’assicuratore mi ha detto che normalmente alle persone piace avere il capitale da parte, e che pochi scelgono la rendita. Certo, la rendita è una scommessa sulla durata della propria vita, mentre la somma che ci viene restituita come capitale è certa. Ma il punto è: che rapporto avremo con questo capitale nel momento in cui andremo in pensione?
“IL CAPITALE NON SI TOCCA!”
Succederà che avremo sempre una certa reticenza a toccare il denaro accumulato in tanti anni di lavoro, con la prospettiva di dover affrontare una malattia o una invalidità visto che lo Stato difficilmente penserà ai nostri bisogni da anziani.
Oltretutto nel nostro paese c’è una scarsa cultura assicurativa per cui preferiamo accantonare il denaro per necessità future e finiamo per tenerlo sul conto corrente per un generico “non si sa mai”. E così corriamo il rischio che alla nostra dipartita i soldi accumulati con anni e anni di lavoro finiscano in mano ai nostri nipoti che, non avendoli sudati, potrebbero dissiparli in “Sesso, droga & rock’n’roll”.
Ecco, per le persone come me che sono reticenti ad intaccare il capitale, l’inflazione che costringe a trasformarlo in parte in una rendita potrebbe avere un effetto psicologico positivo. Perché non c’è la percezione di quello che perdiamo in termini di potere di acquisto, essendo un fenomeno strisciante. Mentre la cedola che arriva accreditata sul conto corrente attira tantissimo.
Quindi attenzione a questa falsa sensazione dovuta all’erosione del capitale. Quando si investe del denaro o lo si presta ciò che conta davvero è il tasso di interesse reale, che è dato dalla differenza fra il tasso di interesse che riceviamo depurato dall’inflazione.
MA I TASSI DI INTERESSE CRESCERANNO DAVVERO?
Fintanto che i banchieri centrali continueranno a sostenere che l’inflazione è un fenomeno temporaneo difficilmente si assisterà ad un incremento dei tassi. Ma se il rendimento tarderà ad adeguarsi gli ignari e svagati correntisti si ritroveranno a pagare una tassa invisibile che colpisce soprattutto chi ci capisce di meno rispetto a chi ha più alternative e capacità di investimento e maggiori capacità di adeguarsi alle modifiche del mercato.
Chi è reticente ad intaccare e ad investire il capitale e aspetta gli eventi rischia di trovarsi “cornuto e mazziato”, con il capitale eroso e un rendimento che rimane ai minimi storici.
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