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Cum Grano Salis

Riflessioni di una Contabile su temi Economici e Finanziari di MONICA VITALI

CHI DETIENE IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO?

Aggiornato a marzo 2025

Guarda la puntata su Youtube (Chi detiene il debito pubblico italiano)

Chi detiene il debito pubblico italiano?

 

Quando si parla di debito pubblico italiano, la prima domanda da porsi è: “A chi dobbiamo questi soldi?”

Capire chi detiene il nostro debito (l’Italia è al 5° posto al mondo per rapporto debito/PIL) è fondamentale, innanzitutto, per sapere a chi paghiamo gli interessi.

Ma non è solo una questione tecnica: le implicazioni cambiano profondamente a seconda di chi sia il creditore. Chi possiede il debito pubblico di un Paese, infatti, ha un potere negoziale non indifferente e detiene il coltello dalla parte del manico.

 

Chi detiene il debito pubblico italiano?

 

Dal grafico elaborato da Abi su Dati Banca d’Italia per il periodo 2014-2019 emerge chiaramente che sino al 2019 il debito pubblico era detenuto da:

  1. Banche Centrali – BCE – Bankitalia 19%
  2. Banche di credito ordinarie, assicurazioni e fondi investimento italiani 46%
  3. Famiglie e imprese italiane 6%
  4. Investitori esteri 29%

Con l’incremento del debito nel 2020 a causa della pandemia gli equilibri si sono leggermente modificati, ma è stato a partire dal 2023 che le proporzioni hanno iniziato a subire un cambiamento significativo a causa dell’aumento dell’inflazione.

 

Questo grafico mostra la composizione del debito pubblico nel 2019

Questa invece è la composizione del debito pubblico a novembre del 2024

 

Per prima cosa possiamo notare che anche dopo le modifiche la metà del debito pubblico italiano rimane nelle mani del settore privato italiano, ovvero banche, assicurazioni e fondi + famiglie.

Vediamo ora l’impatto dei cambiamenti nelle quote di appartenenza del debito pubblico rispetto alle quattro tipologie di investitori.

A) IL DEBITO IN MANO ALLE BANCHE CENTRALI

La parte di debito in mano alle banche centrali è in assoluto una delle parti più contrastate perché ogni tanto viene lanciata l’idea della sua “cancellazione” o “sterilizzazione”.

Che significa?

Significa che le banche centrali non sono creditori qualunque perché è come se la mano sinistra dovesse dare dei soldi alla mano destra.

La cancellazione del debito o la conversione in un debito “a scadenza infinita” è altamente improbabile per l’opposizione dei paesi più virtuosi. Tuttavia se la banca centrale continua a detenere il debito all’infinito rifinanziandolo ad ogni scadenza quella parte di debito è come se non ci fosse.

La sostanza cambia se le banche centrali decidono di diminuire la quota di debito in loro possesso attraverso la vendita o il mancato rinnovo dei bond.

Per un lungo periodo questa prospettiva non si è presentata a causa del cosiddetto ‘Quantitative Easing’, che prevedeva l’acquisto di titoli di Stato per immettere nuova liquidità e stimolare la circolazione della moneta. A partire dal 1° luglio 2022, la BCE ha interrotto gli acquisti netti, ma ha continuato a reinvestire i titoli in scadenza. In questo modo, la quota di debito detenuta dalla Banca d’Italia è rimasta significativa, e in alcuni periodi è persino cresciuta, mentre gli Stati hanno cercato di contenere l’esposizione verso investitori esteri.

B) IL DEBITO IN MANO A BANCHE, ASSICURAZIONI E FONDI DI INVESTIMENTO ITALIANI

Con l’aumento dell’indebitamento legato al Covid c’era stato uno sforzo da parte del settore bancario per sostenere la nostra economia, attraverso l’acquisto di nuovo debito pubblico. Questo impegno aveva sollevato timori: l’allargamento dello spread poteva avere impatti sui bilanci, aumentando i rischi per le banche in caso di default.

Con l’aumento dell’inflazione questi timori si sono intensificati: in un contesto di rialzo dei tassi, il valore di mercato dei titoli di Stato si riduce, generando potenziali perdite contabili nei portafogli bancari e accrescendo il rischio complessivo, soprattutto in presenza di tensioni sul debito sovrano.

Inoltre quando sottoscrivono nuovo debito le banche rafforzano la loro posizione contrattuale nei confronti dello Stato, una leva che non è mai chiaro se e come venga effettivamente utilizzata.

Negli ultimi anni però il ruolo delle banche di credito nel finanziamento del debito pubblico si è progressivamente ridimensionato, segnando un riequilibrio nella composizione dei principali detentori.

C) IL DEBITO IN MANO ALLE FAMIGLIE

L’altra parte del debito pubblico che provoca molte discussioni e la quota in mano alle famiglie. Spesso sentiamo dire che il debito è in mano agli italiani ma in realtà solo una piccola parte del debito pubblico italiano è direttamente in mano a famiglie e imprese italiane.

Se agli inizi degli anni 90 la percentuale era superiore al 50% negli ultimi anni si era ridotta sino 5,8% a causa degli interessi sempre più bassi offerti dai titoli di Stato. Il debito nazionale nel tempo era uscito dalle tasche dei “Bot people” per entrare in quelle, meno spontanee, delle istituzioni finanziarie italiane e della Bce.

Negli ultimi mesi a causa dell’aumento del tasso di inflazione e delle emissioni di titoli di Stato con tassi di remunerazione interessanti come il BTp Italia e Futura, c’è stato un ravvicinamento di famiglie e piccoli investitori domestici ai titoli di Stato.

Alla fine del 2024, la quota detenuta da privati e famiglie è salita al 14,2%, più del doppio rispetto al 2019.  Questo aumento ha consentito  allo Stato di ridurre la volatilità nel mercato perché le famiglie italiane tendono a tenere il debito pubblico in portafoglio sino alla scadenza.

Titoli di Stato in mano alle famiglie

 

D) IL DEBITO IN MANO AGLI INVESTITORI ESTERI

Attualmente, circa il 31% del debito pubblico italiano è detenuto da investitori esteri, secondo i dati più recenti della Banca d’Italia aggiornati a novembre 2024. In pratica, quasi un terzo del nostro debito è in mani straniere. Questa quota è cresciuta rispetto al 2019, quando si aggirava intorno al 29%, e continua a salire.

La metà dei detentori esteri di Btp è composta da hedge fund, fondi pensione, assicurazioni e altri gestori. Questi creditori adottano un approccio molto dinamico e, solitamente, non mantengono i titoli in portafoglio fino alla scadenza, ma li vendono non appena il mercato cambia direzione.

Più è alta la quota di debito pubblico in mano a soggetti stranieri, più il rendimento dei titoli italiani risulta esposto alle oscillazioni dei mercati, aumentando il rischio di disinvestimenti improvvisi in caso di instabilità.

Questo accade perché, non appena i prezzi salgono in modo significativo, questi fondi tendono a liberarsi rapidamente dei titoli di Stato italiani, contribuendo a un rialzo dei tassi.

Tuttavia questo trend ha anche un aspetto positivo: rappresenta un segnale di fiducia da parte degli investitori internazionali sulla solidità del nostro Paese.

DEBITO PUBBLICO ITALIANO: QUATTRO CATEGORIE, QUATTRO EFFETTI DIVERSI

Volendo riassumere i punti chiave di ogni creditore possiamo osservare che:

  1. Il debito in mano alle banche centrali, se viene continuamente rifinanziato, è come se non esistesse. Sono solo le variazioni rispetto alla quota detenuta che hanno un impatto significativo;
  2. Il debito in mano a banche e assicurazioni italiane espone i loro bilanci ad un rischio di oscillazione tassi o di default ma fornisce loro un potere contrattuale nei confronti dello Stato;
  3. Il debito in mano alle famiglie è quello più conveniente per lo Stato perché le famiglie tendono a tenere i titoli sino alla scadenza e questo rende più stabili i prezzi;
  4. Il debito in mano a soggetti esteri espone il paese ad influenze esterne e a variazioni di prezzi legate a speculazioni.

 

 IL DEBITO PRO-CAPITE

Nella savana, ogni mattina, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del leone, se vuole sopravvivere.

In Italia, ogni bambino che nasce nel 2025 si sveglia con  oltre 50.000 euro di debito pubblico sulle spalle. E passerà la vita a correre per cercare di ripagarlo: rinunciando a servizi, inseguendo un lavoro stabile, e sperando in una pensione che forse non arriverà mai.

Ma quando smetteremo di essere gazzelle e inizieremo a correre da leoni?

 

 

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% Commenti (2)

Maurizio Serafini

Complimenti per la breve ed esaustiva analisi. Incrementare il peso di famiglie ed imprese italiane nella detenzione di titoli di stato è corretto ma per farlo dovremmo tornare alla esenzione dei rendimenti su tali titoli ma aggiungo con un correttivo, esenti solo per chi ha la residenza in Italia. Certo ne trarrebbero vantaggio anche le banche italiane, per loro potrebbe esserci un correttivo basato sul tempo di detenzione o sulla parziale esenzione dei rendimenti dalla tassazione.

Grazie per i complimenti 😊😊 Sì la leva fiscale e i correttivi possono aggiustare il tiro. Io credo che per lo Stato però questa operazione abbia un costo elevato e al momento le risorse preferiscono destinarle ad altro ed è un vero peccato. Sarebbe bello riprenderci il nostro debito

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