Quello domestico è un vero e proprio lavoro, che un tempo aveva pari dignità rispetto alle attività svolte all’esterno della casa e che prevedeva una divisione di mansioni fra junior e senior con avanzamenti di carriera.
Se andiamo indietro nel tempo, sino agli inizi del 1900, e guardiamo come erano strutturate le famiglie allargate (ovvero le famiglie formate da più generazioni di persone imparentate), possiamo riconoscere alcune dinamiche che assimilavano la gestione dello spazio domestico ad una vera e propria azienda.
PERCHE’ LA FAMIGLIA E’ UN’AZIENDA
Partiamo dal presupposto che per l’economia aziendale la famiglia è un’azienda. Un’azienda che non ha come scopo il profitto bensì la “soddisfazione dei bisogni dei propri componenti”.
In passato la famiglia autoproduceva gran parte dei beni necessari per il benessere dei propri membri attraverso la coltivazione del terreno, l’allevamento del bestiame o la realizzazione degli indumenti. A partire dalla rivoluzione industriale piano piano la famiglia ha iniziato a produrre sempre meno internamente per rivolgersi al mercato.
Agli inizi del 900 esisteva ancora un sistema famigliare regolato da dinamiche aziendali, come documenta minuziosamente il libro “Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo” di Barbagli, dal quale ho preso spunto per questo post.
IL CONTRATTO MATRIMONIALE
Per lungo tempo il matrimonio non è stata una faccenda personale e privata legata ai sentimenti verso un’altra persona, ma un affare economico-sociale. Solitamente era il padre, spesso consigliato dalla moglie, che stabiliva chi dei suoi figli doveva sposarsi e con chi.
Normalmente esisteva la regola della residenza patrilocale, ovvero la sposa, tramite il contratto matrimoniale, entrava a far parte della famiglia dello sposo che esercitava uno stretto controllo su entrambi gli sposi.
In particolare questo avveniva nella famiglia mezzadrile, dove il mezzadro aveva il potere assoluto di rappresentare l’intera famiglia, e il contratto che stipulava con il proprietario del podere vincolava tutti i membri della stessa.
IL CONTRATTO DI MEZZADRIA
Il capoccia era il direttore dell’azienda domestica e in quanto tale stabiliva quali mansioni dovevano svolgere i diversi membri nel podere.
Al suo fianco la figura di notevole rilievo era la massaia, che di solito era sua moglie.
La massaia aveva piena giurisdizione sul pollaio e poteva servirsi dei ricavi della vendita dei polli per alcuni acquisti. Ma soprattutto la massaia si occupava della gestione della casa.
Mentre il capoccia dirigeva le attività dei campi, la massaia si occupava delle attività all’interno.
Figli e nuore lavoravano alle loro dipendenze ed erano costretti a chiedere i soldi all’uno o all’altra di volta in volta come quando avevano dieci anni.
Quando le condizioni di salute dei genitori peggioravano si emancipavano dagli stessi e assumevano i loro ruoli.
IL DIRETTORE FINANZIARIO
Normalmente chi aveva il potere in queste famiglie era il marito, che prendeva le decisioni più importanti e manteneva il controllo sulle risorse finanziarie.
Alla moglie il marito chiedeva spesso un rendiconto preciso delle spese fatte. Ed era in questo caso che le donne mostravano tutta la loro capacità nel “truccare i conti” e “fare la cresta” sulle spese per riuscire ad ottenere un po’ di autonomia, gestendo una vera e propria contabilità parallela.
L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO DOMESTICO
Il lavoro domestico assorbiva un’enorme quantità di tempo, sia in termini assoluti sia in termini percentuali rispetto al totale delle ore lavoro erogate da tutta la famiglia. In termini relativi alle faccende domestiche era dedicato dal 30% al 40% del tempo di lavoro complessivamente svolto da tutti i membri, maschi e femmine, giovani e anziani.
Fra le principali funzioni domestiche rientravano: l’”allevamento” dei figli, la cura del benessere e il mantenimento in salute di tutti i componenti della famiglia, la preparazione dei cibi, la pulizia della casa e quella dei vestiti. Ma c’era anche l’accensione e l’alimentazione del fuoco, la preparazione del formaggio, la produzione del pane e il rammendo degli abiti, oltre alla filatura e alla tessitura degli stessi.
Si iniziava a lavorare verso i 10 anni e il carico di lavoro aumentava con il crescere dell’età. La punta massima si raggiungeva verso i 50-55 anni, per poi diminuire progressivamente.
COME SI AVANZAVA NELLA CARRIERA DOMESTICA
Non tutti i compiti domestici erano sullo stesso piano. Alcuni erano ritenuti più importanti perché richiedevano un’assunzione di responsabilità e un rapporto diretto con le figure del mondo esterno (come fare la spesa), o perché presupponevano una certa qualificazione ed erano maggiormente valutate dagli uomini (come fare da mangiare).
Altri lavori come pulire la casa, rammendare o fare il bucato erano considerati di minore rilievo ed erano svolti dalle giovani donne.
C’era una gerarchia all’interno del gruppo femminile che si riversava sulla suddivisione di compiti e ruoli. Era la moglie del capofamiglia che faceva la spesa e preparava i pasti. Quando la nuora diventava suocera aveva un avanzamento di carriera e mutavano i suoi compiti domestici, perchè poteva passare a quelli ritenuti più “nobili”.
LE FAMIGLIE NEI CENTRI URBANI
Già all’inizio del secolo scorso le famiglie nei centri urbani dedicavano al lavoro domestico meno tempo rispetto alle famiglie delle campagne. Ad esempio, il formaggio e il pane non si producevano più ma si acquistavano esternamente.
Questo perché le famiglie urbane erano composte da meno persone per cui non vi era il bisogno e la possibilità di suddividere i compiti domestici fra le donne di casa. Le mogli degli operari potevano dedicare più o meno tempo alla gestione della vita famigliare secondo il periodo della loro vita, potevano uscire dal mercato del lavoro quando avevano un figlio e tentare di rientrarci in seguito. Ma non avevano una “carriera domestica” come le donne delle famiglie di agricoltori con podere. Erano soltanto loro a dover fare la spesa, cucinare, pulire, lavorare e cucire.
LA GESTIONE DELL’AREA “BUCATO”
Una distribuzione gerarchica delle mansioni invece esisteva nelle famiglie dei ceti medi superiori, che tenevano in casa una donna di servizio.
In questi casi la padrona svolgeva i compiti più apprezzati, mentre la domestica compiva le altre operazioni.
Quanto più elevato era il ceto sociale tanto più era possibile che il bucato venisse dato in gestione al di fuori delle mura domestiche (outsourcing), spesso ad altre famiglie contadine.
CONCLUSIONI: LA DIVISIONE FRA LAVORO ESTERNO E INTERNO
Fino a qualche decennio fa non c’era una distinzione netta e precisa fra il lavoro che si svolgeva all’interno della casa e quello che si svolgeva al di fuori, se non per il fatto che i lavori nel podere spesso richiedevano una maggiore forza fisica.
E’ stata la rivoluzione industriale che ha iniziato a creare questa divisione artificiosa, con il lavoro all’esterno retribuito dal proprietario della fabbrica, e quello all’interno della famiglia non retribuito. Grazie a quel lavoro gratuito i proprietari delle fabbriche potevano contare su dipendenti curati e ben nutriti. Una specie di “paghi uno prendi due”.
Oggi ormai la gestione di molte attività familiari viene data in outsourcing e acquistata sul mercato pagando un prezzo. Baby sitter, colf, badanti, lavanderia e cibo da asporto fino a qualche decennio fa non esistevano, per lo meno non nella forma contrattuale e retribuita di adesso.
Non dimentichiamo però da dove vengono questi lavori e il valore economico che hanno, anche quando vengono ancora prodotti internamente gratuitamente grazie al lavoro soprattutto delle donne.
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