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Cum Grano Salis

Riflessioni di una Contabile su temi Economici e Finanziari di MONICA VITALI

COME CAMBIA LO STATUS DELLE PROFESSIONI

Aggiornato l’8 maggio 2023

ASCOLTA IL PODCAST A QUESTO LINKCome cambia lo status delle professioni

Come cambia lo status delle professioni

 

Lo status sociale è la posizione che un individuo occupa all’interno della società.

Uno degli elementi principali che viene usato per stabilire la gerarchia sociale è la professione svolta.

Nel tempo abbiamo assistito a notevoli cambiamenti nel peso sociale delle professioni. Alcune hanno acquisito importanza, altre invece sono cadute in disgrazia.

 

IL MONDO DELLO SPETTACOLO

Personalmente faccio fatica ad accettare l’idea che molti giovani ambiscono a fare lavori legati al mondo dello spettacolo. Ballerini, veline, cantanti, presentatori, ormai le professioni legate allo showbiz sono quelle che vanno per la maggiore, grazie alla forte visibilità mediatica e all’illusione che basti un passaggio in TV per avere svoltato nella vita.

Eppure tanti anni fa chi lavorava nel mondo dello spettacolo non era certo considerato un privilegiato. La vita del giullare di corte, del cantastorie, dell’attore era riservata a chi la sceglieva veramente perché se la sentiva addosso, oppure a chi non aveva alternativa e si improvvisava a fare quello che gli veniva più facile per portarsi a casa la pagnotta.

Poi qualcosa è cambiato. I mezzi di comunicazione, il cinema e la televisione hanno reso appetibile un lavoro che fino a poco tempo prima non lo era. Hollywood ha creato miti inarrivabili, la televisione ha costruito pseudo-vip nostrani, e ora il web ci regala youtuber e tiktoker che dal buio della loro cameretta vengono sparati nella galassia delle star. Nel giro di poco tempo sono nate nuove professioni, come il content creator e l’influencer, che non erano minimamente ipotizzabili fino a pochi anni fa.

 

LA PROFESSIONE DEL CONTABILE

Una sorte opposta è toccata invece alla mia professione, quella del contabile.

In principio c’erano gli scribi mesopotamici, egiziani ed ebraici, che si occupavano di scrivere e di tenere la contabilità. Era una casta molto potente, ammirata e ben retribuita. Con lo sviluppo del commercio e il peso crescente degli Stati la tenuta della contabilità per diversi secoli è stata di fondamentale importanza per registrare le tasse e l’andamento dei traffici commerciali .

Poi la professione è diventata alla portata di tutti e quel poco di appeal che aveva si è dissolto definitivamente con l’arrivo di Ugo Fantozzi che ha sminuito la figura del Ragioniere, divenuto l’emblema del perdente. Fino a quando, nel mondo dei big data, il passaggio da contabile a controller (ovvero da chi annota i numeri a chi li analizza) ha ridato un po’ di lustro alla nostra professione scongiurandone l’estinzione per mano di computer più abili e veloci a fare data entry.

 

IL LAVORO MANUALE

Il lavoro manuale, ambito e desiderato all’epoca dei Comuni quando si “andava a bottega” dagli artigiani, con la rivoluzione industriale e la standardizzazione della produzione lentamente è diventato un ripiego. Ai miei tempi essere un “colletto bianco” era il massimo dello status, da contrapporsi nei sogni delle mamme alle semplici “tute blu” della catena di montaggio. Idraulico, panettiere, parrucchiere, falegname erano professioni tagliate fuori dalla rosa delle preferenze per chi aveva un minimo di voglia di studiare.

Oggigiorno l’evoluzione sociale e le relative leggi stanno rendendo più complessi alcuni lavori che fino all’altro giorno non lo erano. Vedo ad esempio gli idraulici, con i quali mi confronto quotidianamente per il mio lavoro. Fra corsi, patentini, normative e nuovi prodotti ormai ci vuole l’equivalente di una laurea per essere un idraulico in regola con le normative e al passo con i tempi.

Dall’altra parte invece ci sono professioni che stanno riacquistando appeal grazie al loro contenuto di creatività, come i cuochi, i pasticceri, i Make Up Artist. Questo grazie alla visibilità data da Internet e dalla televisione, e grazie ai moderni tutorial che piacciono tanto.

 

IL PROGRAMMATORE

A volte il cambio di status di alcune professioni è frutto di un piano deliberato da parte di qualcuno che ne ha interesse.

Come ad esempio la programmazione, campo strettamente dominato da giovani uomini, che però è stata inventata da una donna.

L’alba dell’informatica coincise con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. A quei tempo erano le donne ad occuparsi di programmazione perché gli uomini stavano combattendo al fronte. La programmazione era considerato un lavoro di routine con scarso appeal e lo svolgevano prevalentemente donne con una formazione matematica.

A guerra finita l’industria dei software acquistò prestigio, si iniziarono a intuirne le potenzialità, e gli uomini si impadronirono del settore.

La programmazione passò da essere un lavoro di routine basato sull’apprendimento pratico da svolgere in gruppo ad un mestiere per nerd misantropi. Nacque cos’ la falsa idea che dietro a grandi scoperte ci fossero menti geniali e solitarie . In questo modo si evitava la sindacalizzazione, sfumavano i confini fra casa e lavoro e ci si assicurava la dedizione totale di questi brillanti programmatori.

(Paragrafo tratto dal libro “Il lavoro non ti ama” di Sarah Jaffe)

 

IN FUTURO COSA CI ASPETTA?

Il web e la rivoluzione digitale spariglieranno ancora di più gli equilibri fra le professioni, e gli scenari futuri potranno essere molto diversi da quelli attuali. Quello che succederà sarà influenzato dall’atteggiamento e dalla consapevolezza della mia generazione, quella “di mezzo”, che in casa ha respirato un’aria e ora dovrebbe soffiarne una opposta verso i propri figli.

Le istituzioni sono sempre un minuto indietro a recepire i cambiamenti sociali, e solo se nasce nella società il rispetto e l’ammirazione verso il lavoro manuale di qualità può scaturire estro ed inventiva da parte di giovani intelligenti e volenterosi che vogliono cimentarsi negli antichi mestieri rivisitandoli.

L’innalzamento del livello scolastico è sicuramente desiderabile per una nazione, personalmente però auspico un ritorno all’approvazione sociale (e alla remunerazione economica) del lavoro manuale, integrato dallo sviluppo tecnologico e dalla creatività della quale noi italiani siamo così tanto capaci. Se non altro perché in alcuni campi, dove ancora si guarda troppo al prezzo e troppo poco alla qualità, si sta perdendo il gusto del lavoro ben fatto. E questo è sempre e comunque un peccato.

 

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