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Cum Grano Salis

Riflessioni di una Contabile su temi Economici e Finanziari di MONICA VITALI

L’ECONOMIA DELLA LONGEVITA’ FRA PENSIONE E LAVORO

Economia della longevità

 

In Italia attualmente ci sono 14 milioni di italiani over 65 che diventeranno 20 milioni nel 2050. Siamo il secondo paese più longevo al mondo dopo il Giappone.

L’aumento dell’aspettativa di vita associato alla bassa natalità sta cambiando la nostra struttura demografica, ma la società si sta adeguando a rilento. Solo ora si inizia a parlare dell’organizzazione sociale per gli anni a venire, in ritardo rispetto agli altri paesi europei.

 

STUDIO, LAVORO E POI VADO IN PENSIONE. OPPURE NO

Fra le varie implicazioni economiche e sociali dell’invecchiamento della popolazione desta particolare attenzione la distinzione fra studio, lavoro e pensione. Già adesso questa divisione ha poco senso, ma fra qualche anno non avrà più motivo di esistere.

La notizia che i vaccini terapeutici a mRNA  saranno una nuova arma nella cura dei tumori e delle malattie cardiovascolari porta ad alcune riflessioni anche sull’età del pensionamento. Se l’aspettativa di vita (in salute) aumenterà in maniera esponenziale che senso avrà ritirarsi dal lavoro a poco più di 60 anni? Cosa faremo dopo? Quanto costeremo allo Stato?

Già adesso trascorriamo mediamente 24 anni in pensione, di cui 16/18 in buona salute. Se questo numero aumenta di parecchie unità forse il concetto di “pensione” andrà totalmente ripensato.

 

IL PARADOSSO DELLA PENSIONE

 Milena Gabanelli nella sua rubrica giornalistica Dataroom ha evidenziato che rimanere attivi a lungo allontana il rischio di malattie, ed è positivo per il bilancio dello Stato perché si continuano a versare contributi.

La domanda che dobbiamo porci, se non facciamo lavori usuranti, è la seguente: desideriamo veramente smettere di lavorare oppure siamo stufi di lavorare con questo modello organizzativo che assorbe troppe energie alle persone?

Non è che forse che con un altro paradigma, altri ritmi, altre condizioni (ancora da inventare) possiamo continuare a dare un contributo alla vita attiva del Paese?

Su questo punto possiamo imparare dalla Generazione Z, che ha un altro concetto di work life balance, o forse allearci con loro per provare a inventare un mondo del lavoro dove ognuno abbia un proprio ruolo sino ad un’età molto avanzata, come libera scelta in base alla propria idea di vita.

Magari lavorando “a intermittenza”, potendo entrare e uscire liberamente dal mondo del lavoro a qualunque età della propria vita, senza paletti o percorsi predefiniti. Oppure lavorando le stesse ore previste adesso per il pensionamento con il massimo dei contributi ma spalmate su un numero di anni molto maggiore.

 

LA PENSIONE E IL METODO CONTRIBUTIVO

C’era una volta un sistema previdenziale che calcolava le pensioni con il metodo retributivo. A quei tempi la pensione veniva determinata prendendo come riferimento lo stipendio percepito negli ultimi anni di lavoro, che mediamente era più alto rispetto ai precedenti e assicurava cospicui assegni. Il sistema stava in piedi grazie ai contributi versati dalle generazioni successive.

Poi a gennaio 1996 è entrato in vigore per la maggior parte dei lavoratori il metodo contributivo, che calcola la pensione in base al totale dei contributi versati dal lavoratore. Con questo metodo sarebbe giusto che ogni lavoratore potesse richiedere i propri soldi quando vuole, come se fosse una banca. Ognuno di noi, superata una certa soglia di contributi, dovrebbe essere libero di spostarli da un’altra parte, di ritirarli, o di integrarli a proprio piacimento senza lavorare di nascosto senza contratto e senza fattura come se fosse un ladro.

Se non fossimo costretti a coprire le magagne del passato i lavoratori potrebbero avere una sacrosanta flessibilità nella gestione della propria pensione, e magari qualche strumento in più per continuare a lavorare pensato ad hoc e abbinato ad una copertura assicurativa.

Il sistema previdenziale e fiscale dovrebbe garantire ma anche incentivare chi vuole continuare a contribuire alla vita attiva del Paese, magari attraverso forme di defiscalizzazione che garantiscano il tenore di vita desiderato e una certa sicurezza economica.

(Della pensione e del bilancio dell’INPS ne ho parlato più approfonditamente  qui . Puoi trovare anche 3 video sul mio canale Youtube )

 

I PUNTI DI ACCESSO AL LAVORO

In futuro non avrà più senso il concetto di “ingresso nel mondo del lavoro”, e la discriminazione in base all’età. Ogni età avrà esigenze diverse e potrà dare e richiedere valore e impegno differenziati all’interno delle aziende.

Sarà necessario pensare a punti di accesso multipli, dove quello che conta saranno le competenze e non l’età anagrafica. Certo, andranno inventate nuove figure e profili di carriera ad hoc, anche per i senior, che prevedano un lavoro più semplice e meno burocratico, più di competenza e meno di energia.

Al momento il lavoro è ancora basato sulla capacità di concentrazione, di tempo e di energie di un ventenne-quarantenne. Molte persone faticano a tenere il passo anche prima dei 60 anni e iniziano a fare il conto alla rovescia degli anni che mancano al ritiro. E non sto parlando di lavori usuranti, perché con gli attuali ritmi lavorativi e sociali tutte le professioni hanno un’elevata percentuale di stress e usura mentale, oltre che fisica.

 Le figure senior invece avrebbero bisogno di:

  • certezza del diritto;
  • orari flessibili
  • vasi comunicanti con porte girevoli fra l’entrata e l’uscita dal lavoro;
  • formazione tecnologica e formazione formatori per affiancare le figure junior.

Stanno cambiando le basi su cui poggia l’economia e bisogna avere il coraggio di sperimentare. Alla base della nuova struttura sociale ci sono la denatalità e la longevità. Ma al momento non esistono strumenti giuridici specifici e le aziende, come spesso accade, sono costrette a fare da pioniere trovando il coraggio di sperimentare a fronte dell’immobilismo della politica.

Work life balance
L’EFFETTO PSICOLOGICO

C’è un effetto psicologico molto interessante che ho notato fra chi continua a lavorare dopo aver fatto domanda per la pensione, ed è la volontarietà.

Sapere che non sei obbligato ad andare a lavorare, che lo stai facendo per scelta ma che puoi smettere quando vuoi ha un effetto estremamente positivo sulla motivazione delle persone.

Una cosa è sapere che mancano un paio di anni per andare in pensione, che non passano mai perché c’è sempre la paura che cambiano le leggi e che si incappi in uno scaglione che posticipi il pensionamento di diversi anni.  Altra cosa è sapere che lo fai per libera scelta, e che non devi dimostrare più niente al tuo datore di lavoro o ai tuoi clienti perché sono loro che hanno scelto di avvalersi ancora del tuo contributo.

 

IL MERCATO DELLA LONGEVITA’

L’economia della longevità è un driver economico e lo sarà sempre di più in futuro. Rappresenta un mercato ricco, che va ingaggiato positivamente con l’offerta di servizi emozionanti (compresa l’offerta di divertimento) a tutte le età, senza considerare necessariamente le persone come esseri umani fragili e apatici quando superano un certo numero di anni.

L’età anagrafica oggigiorno ha un sapore diverso. Ogni 10 anni guadagniamo circa 2 anni di longevità. Le motivazioni dei 70 non sono le stesse dei 30. E siccome le motivazioni sono l’essenza della vita occorrono nuove proposte in grado di soddisfarle.

 

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